Gli straordinari racconti che Anton Pavlovič Čechov scrive fra il 1880 e la
morte, nel 1904, arrivano in Italia con grande rapidità, e contribuiscono a
cambiare il paesaggio letterario. Li traducono intellettuali russi (e soprattutto
russe) emigrati in Italia: Nina Romonavskaja, Olga Resnevič-Signorelli,
Olga Malavasi. E li traduce una strana coppia: il vociano Ardengo Soffici
e il pittore russo Sergej Jastrebcov. Un contributo decisivo viene da Enrichetta
Capecelatro Carafa duchessa d’Andria, una narratrice napoletana
amica di Croce, che nel 1936 pubblica un’edizione autorevole delle
novelle čechoviane. La storia di questi traduttori e di queste traduttrici
si mescola al lavoro di russisti militanti come Leone Ginzburg e di fondatori
della slavistica italiana come Ettore Lo Gatto, e incrocia lo sguardo
di critici autorevoli come Giuseppe Antonio Borgese e Pietro Pancrazi.
Questo libro è dedicato all’intreccio fertile di vite e di attività traduttive,
critiche, editoriali, facendo centro soprattutto sul lavoro originale della
duchessa d’Andria. Come sono le sue traduzioni? E qual è il canone di testi
proposto? Allo studio, anche contrastivo, delle traduzioni si affianca una
ricognizione critica dei racconti selezionati, nella convinzione che studiare
una traduzione e l’accoglienza di un autore in un altro contesto linguistico
e culturale comporti un movimento critico su più livelli.