Una romanza crudele è la storia dei rapporti fra potere e cultura popolare nel Novecento russo-sovietico, narrata attraverso le voci dei più importanti teorici e studiosi dell’epoca.
I quindici saggi che compongono questa antologia, apparsi tra il 1901 e il 1984 e presentati per la prima volta in traduzione italiana, offrono al lettore uno spaccato inedito del dibattito demologico russo: la crisi del populismo e la decostruzione del mito contadino, l’invenzione del proletariato e delle sue tradizioni, la critica al gusto piccolo-borghese, il fakelore staliniano in stile realsocialista, le canzoni del dissenso e del Gulag, fino all’aperta contestazione degli anni della perestrojka.
Riemerge così, tra le righe del discorso di propaganda, l’autobiografia di un popolo che parve a molti di noi aver finalmente conquistato, nella cultura egemonica e nella grande storia, il proprio “diritto alla città”.